Il più grande suicidio di massa della storia e la psicologia
Il 18 novembre del 1978 in Guyana (Sudamerica) avviene il più grande suicidio di massa della storia: 912 persone, spinte dal loro predicatore Jim Jones, decidono di togliersi la vita ingerendo una dose letale di cianuro.
La storia
“Perché hai seguito Jim Jones?”
“Perché credevo che fosse Dio. Noi tutti credevamo che fosse Dio.”
Jim Jones nacque nel 1931 a Lynn nell’Ohio. Da piccolo frequentò assiduamente le chiese del suo paese e in seguito creò un proprio culto denominato “Tempio del popolo”. Quest’organizzazione si batteva per la tutela dei diritti civili e umanitari, prometteva la salvezza eterna per tutti i suoi adepti e, soprattutto, lottava contro la discriminazione razziale nei confronti delle persone di colore.
Il Tempio del popolo ebbe fin da subito un enorme successo.
Ai nuovi adepti era chiesto di rinunciare a tutti i beni materiali e in cambio avrebbero fatto parte di una grande famiglia basata sui principi del socialismo. Jones e i suoi seguaci giravano di città in città organizzando manifestazioni per arruolare nuovi membri. In questi eventi Jones compiva dei “miracoli”, ad esempio, un giorno una donna sulla sedia a rotelle si alzò in piedi e iniziò a correre. Tali miracoli, in realtà, non erano che delle messe in scena.
Nel 1977 iniziarono ad emergere perplessità da parte dell’opinione pubblica riguardo al Tempio del popolo (alimentate soprattutto da alcuni ex-membri che avevano avuto il coraggio di abbandonare il predicatore). Jones decise così di lasciare gli Stati Uniti per trasferire tutta la comunità nella Terra promessa. Acquistò dei terreni nella giungla della Guyana e nell’estate dello stesso anno vi si trasferì insieme ai suoi adepti: nel bel mezzo della giungla fu costruita Jonestown, la città di Jim Jones.
Vista dall’esterno questa comunità sembrava felice: tutti vivevano in armonia come una grande famiglia mangiando ciò che loro stessi coltivavano e non vi erano distinzioni sociali ed economiche.
La realtà era però ben diversa. Jones aveva creato un sistema di terrore dove chi osava contraddire il predicatore veniva pubblicamente umiliato e a volte picchiato. Gli abusi sessuali da parte dello stesso Jones erano all’ordire del giorno e le persone erano costrette a lavorare per ore in cambio di un misero pasto.
Nei mesi successivi numerosi ex-membri, preoccupati poiché avevano perso le tracce di parenti e amici a Jonestown, attirarono l’attenzione dei media e spinsero affinché il governo indagasse. Così nel 1978 il deputato del Congresso Leo Ryan e alcuni giornalisti si recarono nella giungla della Guyana per osservare con i propri occhi e documentare quello che stava succedendo a Jonestown. Durante la visita, Ryan ricevette di nascosto una lettera di aiuto da alcuni abitanti in cui veniva denunciata la loro condizione di schiavitù. Il deputato però non fece in tempo a tornare negli USA perché venne ucciso insieme ad alcuni reporter dalle guardie di Jones. Il predicatore capì che ormai non si poteva tornare più indietro e che il suo “regno” stava per finire e così in una riunione pubblica convinse (in alcuni casi non solo con le parole) a far ingerire una dose letale di cianuro ai suoi seguaci per poi spararsi con una pistola. La dose fu data a tutti, senza distinzione di sesso o di età. In quel giorno morirono 912 persone. Lo scenario che si trovarono di fronte i primi soccorritori fu questo: ATTENZIONE: immagini forti.
Il ruolo della psicologia
Com’è riuscito un semplice uomo a convincere così tante persone ad accettare torture, abusi, umiliazioni ed infine la morte?
Jonestown è l’esempio lampante di cosa accade quando le nozioni della psicologia sociale cadono in mani sbagliate.
Diversi autori che si sono interessati a questo caso hanno suggerito alcuni concetti della psicologia sociale per spiegare come Jones riuscisse quasi a controllare la volontà dei suoi seguaci. È bene specificare che, nonostante ci fosse qualcuno che odiava il predicatore e voleva scappare da Jonestown, la maggior parte dei seguaci era realmente fedele a Jones.
Nel 1961 lo psicologo statunitense Stanley Milgram in un suo famoso esperimento dimostrò che le persone sono propense a mettere in atto comportamenti estremi pur di obbedire a una persona con una grande autorità, in particolare quando nessuno si ribella. Jones aveva indubbiamente una grande autorità a Jonestown. Inoltre chi disubbidiva era punito sia psicologicamente che pubblicamente: in questo modo nessuno si ribellava e chi aveva intenzione di farlo non trovava consensi.
Jones inoltre utilizzò la cosiddetta tecnica del “piede nella porta” che consiste nel chiedere inizialmente un piccolo favore che sicuramente sarà concesso, seguito poi da richieste man mano più grandi, ma collegate tra loro. Ad esempio, durante le raccolte di beneficenza, le persone che acconsentono ad indossare una spilla che promuove quell’associazione hanno una probabilità maggiore (rispetto al resto della popolazione) di fare altre donazioni in futuro (anche ad associazioni diverse) (Pliner et al. 1974). A Jonestown in passato le persone avevano acconsentito a piccole richieste che via via erano diventate sempre più grandi e “sconvenienti” fino ad arrivare alla richiesta di suicidio.
Jim Jones aveva una grande capacità persuasiva. Egli è riuscito a modificare la percezione della realtà dei suoi seguaci sia con convincenti sermoni quotidiani, sia isolandoli dal resto della società.
Un altro fenomeno che può spiegare come mai le persone, nonostante gli abusi e le umiliazioni, siano rimaste a Jonestown è quello della dissonanza cognitiva. Secondo la teoria della dissonanza cognitiva l’uomo tende ad essere coerente con sé stesso nel modo di pensare e di agire. Una dissonanza dei propri comportamenti o pensieri creerà un disagio psicologico che la persona cercherà di ridurre mettendo in atto delle razionalizzazioni. Ad esempio, una persona che fuma e sa che fumare fa male percepirà una dissonanza e cercherà di ridurla pensando “fumare mi piace”: in questo modo il suo comportamento sarà “giustificato”. A Jonestown, le persone prima di entrare nel Tempio del popolo avevano sacrificato i propri beni (cosa non da poco) perché erano convinte che Jones e la chiesa fossero buoni e nel caso in cui si fossero rivelati cattivi, questi sacrifici sarebbero stati vani. Quindi, per evitare questa dissonanza, continuarono (non consapevolmente) a credere che Jones fosse una persona buona.
L’ipotesi di Zimbardo
Il famoso psicologo Philip Zimbardo ha ipotizzato che Jim Jones abbia appreso la sua straordinaria capacità di persuadere le persone dal famoso scrittore britannico George Orwell (Dittman, 2003). Zimbardo, infatti, dopo anni di ricerca e di interviste ai superstiti di Jonestown, ha trovato molte somiglianze tra le tecniche per il controllo mentale utilizzate da Jones e quelle descritte da Orwell nel suo romanzo “1984”.
Alcune di queste tecniche sono:
– “Il Grande Fratello ti sta guardando”: Jones induceva i membri del Tempio del popolo a spiarsi l’un l’altro. Inoltre la voce del predicatore era trasmessa 24 ore su 24 dagli altoparlanti posizionati in tutti gli angoli di Jonestown dando l’impressione di essere costantemente controllati.
– Auto-incriminazione: Jones convinse le persone a scrivere su un foglio le loro paure più grandi così, nel caso in cui avessero disobbedito, avrebbe utilizzato queste informazioni per umiliarli pubblicamente.
– Esercitazioni di suicidio: Il predicatore riprese alla lettera le parole del protagonista del romanzo di Orwell “la cosa giusta è uccidersi prima che siano gli altri a prenderti”. Jones e i suoi seguaci avevano effettuato numerose prove di suicidio prima di quel 18 novembre.
– Distorcere la percezione delle persone: Jones cercò di alterare la relazione tra la realtà e le parole, ad esempio, i suoi seguaci erano costretti a ringraziarlo ogni giorno per il cibo che mangiavano anche se lavoravano quasi tutta la settimana per un misero pasto.
Un’altra mossa astuta di Jones fu isolare i suoi adepti dal resto del mondo costruendo Jonestown nel bel mezzo della giungla. Questa condizione comportò un profondo senso di incertezza e di vulnerabilità e, quando le persone si sentono vulnerabili, tendono a seguire i comportamenti della massa. Il fenomeno “forza della folla” è stato dimostrato da numerosi esperimenti psicologici, in particolare da Milgram e colleghi nel 1960: su un affollato marciapiede di New York quando un uomo guardava verso il cielo (senza una motivazione) solo il 4% dei passanti tendeva ad alzare lo sguardo. La percentuale cresceva se aumentavano le persone che guardavano in cielo: quando furono 15 gli individui che guardavano in alto ben il 40% dei presenti fece lo stesso.
Valerio Di Lazzaro
Riferimenti bibliografici:
Pliner P.H., Hart H., Kohl J e Saari D. (1974), “Compliance without pressure: Some further data on the foot-in-the-door technique”. Journal of Experimental Social Psychology, 10, pp. 17-22
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